Interessante sentenza del Tribunale di Cassino in materia di licenziamento per abuso dei permessi previsti per gli amministratori pubblici dipendenti di aziende private.
Il caso:
Un dipendente di una azienda privata, assessore e vice sindaco di un comune chiedeva ed otteneva permessi istituzionali che sia in ordine al contenuto che alle modalità di fruizione presentavano profili anomali.
L’azienda ravvisato che i permessi erano richiesti per non meglio identificate attività istituzionali e soprattutto in orari (notturni) in cui appariva inverosimile lo svolgimento di attività istituzionale, effettuava una serie di verifiche anche direttamente presso il Comune, al fine di accertare se l’attività istituzionale era stata eseguita e soprattutto se vi aveva partecipato il proprio dipendente.
Le verifiche avevano un riscontro negativo, nel senso che nei giorni e nelle ore indicate nei permessi non vi era stata alcuna attività istituzionale e, soprattutto, emergeva che il funzionario che aveva sottoscritto le attestazioni giustificative dei permessi non era stato presente alle attività che poi aveva attestato attribuendogli pubblica fede.
L’azienda quindi contestava il fatto e in assenza di valide giustificazioni disponeva il licenziamento del suo dipendente.
Questi impugnava stragiudizialmente e poi giudizialmente il licenziamento, sostenendo che le attestazioni erano valide e che pertanto essendo coperte da pubblica fede erano vere fino a querela di falso.
Il Giudice del Tribunale di Cassino, diversamente, riteneva il licenziamento legittimo, rigettando quindi il ricorso del lavoratore.
In particolare il Tribunale osservava che l’attestazione non poteva godere della caratteristica della pubblica fede poiché il funzionario che aveva attestato la presenza del lavoratore in fantomatiche riunioni, non aveva accertato in prima persona la presenza del lavoratore, ma aveva attestato la sua presenza sulla base del riferito e non quindi dell’accertato.
Le attestazioni venivano quindi ritenute false ed il licenziamento ritenuto legittimo anche per l’inverosimiglianza delle presunte attività istituzionali, tutte fatte di note in orari variabili, ma comunque successivi alla mezzanotte!
La sentenza commentata è stata preceduta da una vicenda analoga decisa in primo grado dal Tribunale di Nola e in secondo grado dalla Corte d’Appello di Napoli, nell’ambito della quale un dipendente di una azienda privata, consigliere comunale di un comune vicino allo stabilimento di cui era dipendente, era stato licenziato per aver utilizzato i permessi sindacali per finalità private.
In questa vicenda il datore di lavoro aveva dovuto far ricorso ad una agenzia di investigazione affinché verificasse se nei giorni e nelle ore relativi ai permessi concessi, questi effettivamente svolgesse attività istituzionale.
Anche in questo caso il sospetto del datore di lavoro derivava dal fatto che erano stati chiesti permessi in orari (prime ore del mattino) in cui appariva inverosimile che si svolgesse attività di consiglio comunale ovvero di commissioni consiliari.
La società quindi acquisite tutte le informazioni contestava al lavoratore il fatto accertato ed all’esito delle giustificazioni disponeva il licenziamento disciplinare per giusta causa.
Sia il Tribunale di Nola nella fase a cognizione sommaria che a quella a cognizione piena, nonché la corte d’appello di Napoli, ritenevano il licenziamento perfettamente legittimo, nonché perfettamente valide e legittime le investigazioni private che avevano consentito di accertare l’uso strettamente personale del permesso in luogo della finalità istituzionale per la quale era stato richiesto e concesso.
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